venerdì 15 aprile 2011

Domanda 07: SRB sul condominio ?

Stazioni radio base in condominio : tra innovazioni vietate, "consenso informato" e decreto Gasparri.
Riv. giur. ambiente 2003, 3-4, 0597
Matteo Ceruti
1. Premessa. - 2. L'installazione di SRB in parti comuni dell'edificio condominiale: modificazione o innovazione? - 3. Segue: innovazione consentita o innovazione vietata? - 4. L'installazione di SRB su parti dell'edificio condominiale di proprietà individuale. - 5. Cenni conclusivi: le carenze della disciplina condominiale, i regolamenti comunali e il "decreto Gasparri".
1. Premessa.
La sentenza in commento (320) affronta un tema di indiscutibile interesse ed attualità: quello della collocazione di stazioni radio base-SRB per la telefonia cellulare su stabili condominiali, o in parti comuni degli edifici o in porzioni di proprietà individuale di singoli condomini.
Invero da tali installazioni sono insorti (ed insorgono) diversi contenziosi, sia con i comproprietari dissenzienti, sia con i residenti di edifici viciniori che talvolta risultano i soggetti più esposti ai campi elettromagnetici prodotti dagli impianti senza peraltro averne alcun ritorno economico.
Le preoccupazioni di ordine igienico-sanitario conseguenti all'inquinamento elettromagnetico ad alta frequenza, innanzitutto, ma anche le esigenze di decoro architettonico degli immobili, con il conseguente deprezzamento delle proprietà, sono infatti alla base di azioni proposte avanti il giudice civile volte ad ottenere la sospensione dei lavori di installazione ovvero la rimozione degli impianti di teleradiocomunicazioni in edifici condominiali.
I problemi fondamentali affrontati dalla giurisprudenza sono sostanzialmente quelli dei limiti al godimento delle parti comuni dell'edificio (disciplinati dagli artt. 1102 e 1120 c.c.) e quello del diritto all'uso del piano o della porzione di piano di proprietà esclusiva del singolo condomino (ex art. 1122 c.c.).
2. L'installazione di SRB in parti comuni dell'edificio condominiale: modificazione o innovazione?
In relazione all'insediamento di SRB in porzioni comuni degli stabili condominiali (normalmente: il tetto, il lastrico solare, la terrazza) si possono adottare tre diverse soluzioni a seconda che si consideri la fattispecie come:
A) una semplice "modificazione" della cosa comune, diretta ad un migliore e più razionale godimento della medesima, che, costituendo esplicazione del diritto di comproprietà ai sensi dell'art. 1102 c.c. ("Uso della cosa comune"), non necessita neppure della preventiva autorizzazione dell'assemblea condominiale;
B) una vera e propria "innovazione", ossia una trasformazione che alteri l'entità sostanziale o la destinazione originaria della cosa comune, la quale, ove sia diretta "al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni", è espressamente consentita dall'art. 1120, comma 1, c.c. allorché sia approvata dalla maggioranza qualificata dei condomini;
C) sempre una innovazione della cosa comune, ma suscettibile di recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza dell'edificio ovvero di alterarne il decoro architettonico, o che comporti l'inservibilità di talune parti comuni all'uso o al godimento anche di un solo condomino: tutte ipotesi di innovazioni vietate dall'art. 1120, comma 2 c.c., salvo che vengano approvate dall'unanimità dei condomini.
In proposito è da registrare il precedente con cui il Tribunale di Verona (321), in presenza di un impianto di radio base di modeste dimensioni (un esiguo sostegno tubolare con tre piccoli pannelli), aveva escluso che vi fosse lesione del decoro architettonico e della stabilità dell'edificio, nonché della destinazione e dell'"uso paritetico" della parte comune; cosicché era pervenuto alla conclusione che ci si trovava in presenza di una banale modificazione consentita - in forza del principio generale dell'art. 1102 c.c. - a ciascun condomino (ma anche allo stesso conduttore, persino al di fuori dell'espresso consenso del locatore) per il maggiore e più razionale godimento della cosa comune, senza la necessità del previo scrutinio favorevole dell'assemblea (purché ovviamente a sue spese e nel rispetto dei limiti di cui all'art. 1120 c.c.).
V'è tuttavia da soggiungere che il medesimo Giudicante perveniva, comunque, a tutelare in via d'urgenza il "diritto naturale alla salute alla salute" (che comprende anche il diritto ad essere posti al riparo da rischi non ancora adeguatamente ponderati dalla comunità scientifica) del condomino dissenziente ove, attraverso idonea CTU, sia dimostrato che dall'installazione dell'impianto possa derivare in danno suo, dei suoi familiari o inquilini un'esposizione ai campi elettromagnetici apprezzabilmente superiore rispetto alla generalità dei cittadini, e ciò indipendentemente dal rispetto dei parametri legali di sicurezza.
Diversamente con la sentenza in commento il Tribunale di Milano ha ritenuto che il contratto di locazione novennale della parte sopraelevata comune di un edificio condominiale per l'installazione di una SRB comprensiva di tutte le strutture e apparecchiature radio per la diffusione di segnali di telecomunicazione costituisce, per le dimensioni rilevanti di quest'ultima, una vera e propria innovazione ai sensi dell'art. 1120 c.c., e non una semplice modifica della cosa comune.
La pronuncia appare conforme sul punto alla distinzione tra "modifica" e "innovazione" delle parti comuni condominiali elaborata dalla prevalente giurisprudenza secondo cui nel concetto di innovazione va ricompresa qualsiasi opera nuova che alteri l'entità sostanziale o la destinazione originaria della cosa comune, eccedendo il limite della conservazione, dell'ordinaria amministrazione e del godimento della cosa medesima (322); con inevitabile incidenza sull'interesse di tutti i condomini i quali, quindi, debbono essere chiamati a valutare la convenienza dell'innovazione stessa.
Di qui la necessità dell'approvazione da parte dell'assemblea condominiale con il duplice quorum deliberativo previsto al comma 5 dell'art. 1136 (espressamente richiamato dal comma 1 dell'art. 1120), ossia la maggioranza relativa dei condomini che siano tuttavia proprietari di almeno i due terzi del valore complessivo dell'edificio. Ne consegue quindi l'illegittimità della delibera condominiale che autorizzi l'installazione della SRB per telecomunicazioni sul tetto del fabbricato condominiale adottata a maggioranza semplice dell'assemblea (323).
Tutto ciò, ovviamente, per contratti di locazione infranovennali delle parti condominiali comuni, giacché ove con il gestore dell'impianto fisso per telefonia il condominio voglia concludere una locazione di durata superiore ai nove anni ovvero intenda stipulare atti di alienazione della proprietà o di costituzione di diritti reali, è necessario il consenso di tutti i proprietari ai sensi del combinato disposto degli artt. 1108, comma 3, e 1139 c.c.
L'innovazione consentita ai sensi del comma 1 dell'art. 1120 cc. dev'essere comunque diretta a far conseguire un "miglioramento" o un "uso più comodo" ovvero un "maggior rendimento" delle cose comuni (324).
Ora non par dubbio che la locazione di una parte comune dell'edificio condominiale per l'installazione di una SRB rientri, sia pure in astratto, in quest'ultima ipotesi del "maggior rendimento" trattandosi dello "sfruttamento commerciale di un bene che si realizza mediante il trasferimento del godimento a terzi, non di un'innovazione estetica o funzionale, o di un cambio di destinazione interno ai rapporti tra condomini" (325).
3. Segue: innovazione consentita o innovazione vietata?
Ma il giudice milanese va oltre, precisando che nel caso di specie si è in presenza non di un'innovazione consentita di cui al comma 1 dell'art. 1120 c.c., ma di un'innovazione vietata rientrando nelle ipotesi di cui al comma 2 del medesimo articolo; e ciò in quanto la sua realizzazione comporterebbe un'alterazione del decoro architettonico, una riduzione quantitativa dell'utilizzazione della cosa comune e un potenziale pregiudizio intollerabile.
In particolare nella sentenza si afferma che la SRB di dimensioni rilevanti, "non avendo in comune alcuna caratteristica stilistica con il resto dell'immobile, avrebbe comportato una indubbia disarmonia e di conseguenza un'alterazione del decoro architettonico, che nella specie assumeva maggior rilievo avendo l'edificio particolare pregio in quanto progettato da un noto architetto".
A tale ultimo proposito si deve tuttavia precisare che per "decoro architettonico" del fabbricato ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 c.c. la giurisprudenza intende l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che costituiscono la nota dominante e che imprimono alle varie parti dell'edificio una determinata armonica fisionomia, senza che sia necessario che il fabbricato sia di particolare pregio artistico (326).
Sull'argomento si è altresì chiarito che le norme del regolamento condominiale di natura negoziale possono fornire al concetto di decoro architettonico un'interpretazione più rigorosa di quella espressa dal codice, ad esempio, estendendo il divieto di immutazione anche alle innovazioni attinenti alla simmetria, all'estetica e all'architettura generale dell'edificio volute dal costruttore (327); e che comunque risulta irrilevante, ai fini della valutazione del pregiudizio al decoro architettonico, la circostanza che l'innovazione sia stata autorizzata dall'autorità preposta alla tutela dell'eventuale vincolo artistico esistente sull'immobile condominiale (328).
In secondo luogo nel caso de quo la realizzazione dell'impianto di teleradiotrasmissione è stata ritenuta un'innovazione vietata perché avrebbe comportato "non solo una riduzione quantitativa dell'utilizzazione della cosa comune (parte del lastrico solare sarebbe stato occupato dall'impianto in questione), ma anche un pregiudizio non tollerabile e infatti non temporaneo (tale installazione sarebbe durata per 9 anni), né saltuario".
In proposito viene infatti in considerazione il concetto di "inservibilità" all'uso o al godimento delle parti comuni (anche nei confronti di un solo condomino) che agisce da limite all'innovazione ai sensi del comma 2 dell'art. 1120 c.c. allorché quest'ultima comporti una sensibile menomazione dell'utilità della cosa comune (pur non rendendola completamente inutilizzabile); con la conseguenza che debbono ritenersi vietate quelle innovazioni da cui consegua un pregiudizio intollerabile, ed invece consentite soltanto quelle innovazioni che arrecano un pregiudizio limitato o trascurabile, soprattutto in relazione alla sua temporaneità e saltuarietà (329).
Nella pronuncia ivi annotata non si affronta invece il problema dell'applicabilità alla fattispecie in esame anche degli altri due limiti alle innovazioni espressamente codificati: quelli della "stabilità" e della "sicurezza" del fabbricato.
Quanto alla "stabilità", essa chiaramente indica la statica dell'edificio che talvolta può essere effettivamente pregiudicata dalla realizzazione di impianti radio base dal peso o dall'altezza non indifferenti.
Ma il limite che in ogni caso rileva nella innovazione in oggetto è la "sicurezza", concetto nel quale storicamente si fanno rientrare tutte le ipotesi in cui "la vita o il godimento nell'interno dello stabile non siano più sicuri contro attacchi eventuali di uomini... o di cose" (330). Di talché in quest'ampia categoria della sicurezza condominiale può essere senz'altro ricondotto il pericolo per la salute derivante dall'inquinamento elettromagnetico prodotto dalla SRB (331).
Peraltro, l'interpretazione estensiva ed in chiave evolutiva della clausola generale della "sicurezza del fabbricato" ex art. 1120, comma 2, comprensiva ormai anche del pericolo di danno alla salute da emissioni elettromagnetiche, deriva dalla necessità di una lettura della norma sulle innovazioni alle parti comuni che scongiuri ogni pregiudizio per la collettività del condominio ("vale a dire all'edificio che ne è proprio la sede, o meglio, il presupposto del costituirsi di quell'ente") (332). Da ciò infatti consegue, da un lato, che l'elencazione dei limiti di liceità delle innovazioni contenuta nel comma 2 non è tassativa (di talché l'innovazione dovrà ritenersi vietata anche quando si accompagni a svantaggi per la collettività, ulteriori rispetto a quelli della stabilità, sicurezza e decoro architettonico, tali da escludere un miglioramento o un miglior godimento della cosa comune) (333) e, dall'altro, che è comunque necessario attribuire a ciascuno dei tre limiti il significato più ampio (334).
All'accertamento della nuova opera quale innovazione vietata consegue evidentemente, per il Tribunale di Milano, l'invalidità della delibera che conferiva all'amministratore delega alla stipula del contratto di locazione novennale del lastrico solare per l'installazione della SRB per telefonia mobile in quanto votata dalla maggioranza qualificata dei due terzi e non dall'unanimità dei condomini.
Invero le innovazioni vietate possono esser apportate alla cosa alla comune alla sola condizione che siano approvate da tutti i condomini (335). Sul piano processuale si rammenta poi come la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che l'approvazione unanime dei condomini deve avvenire con atto scritto ed è pertanto inammissibile la prova testimoniale diretta a provare l'esistenza di detto consenso (336).
Non solo.
Secondo la sentenza in commento, in una fattispecie tanto delicata come quella in esame che interessa il diritto alla salute consacrato nell'art. 32 della Costituzione, il consenso all'innovazione non dev'essere soltanto "non equivoco, esplicito ed univoco" - come richiesto dalla prevalente giurisprudenza -, ma anche "informato" (per usare una nota terminologia mutuata dal settore della responsabilità medica), ossia preceduto dalla necessaria puntuale informazione ai condomini dei possibili rischi derivanti dall'installazione dell'impianto in una situazione di persistente incertezza scientifica riguardo agli effetti delle onde elettromagnetiche sulla salute e sull'ambiente.
In tal senso la pronuncia si conforma al precedente (espressamente richiamato) del Tribunale di Monza (337) con cui è stata addirittura dichiarata tamquam non esset una delibera dell'assemblea condominiale di autorizzazione all'installazione di una SRB sul tetto dell'edificio "non avendo tenuto in alcun conto, anche al solo fine di escluderle, le esigenze di tutela della salute dei condomini (non solo di quelli dissenzienti) e comunque non avendo fornito agli stessi alcun elemento valutativo circa le caratteristiche tecniche dell'impianto e la misura della sua possibile nocività".
4. L'installazione di SRB su parti dell'edificio condominiale di proprietà individuale.
Vi sono ipotesi in cui la SRB viene installata non in parti comuni dell'edificio condominiale, ma su porzioni dello stabile, ad esempio le terrazze o i balconi, di proprietà esclusiva di singoli condomini.
In questi casi ovviamente non risulta necessaria alcuna autorizzazione dell'assemblea condominiale, ma dev'essere valutata la compatibilità dell'intervento, da un lato, con gli interessi della collettività condominiale (proprietaria delle parti comuni dell'edificio) e, dall'altro, con gli interessi degli altri singoli condomini (proprietari esclusivi dei diversi appartamenti).
Sotto il primo profilo l'accertamento va condotto alla stregua dell'art. 1122 c.c. il quale prescrive per ciascun condomino il divieto di realizzare nel piano (o nella porzione di piano) di sua proprietà esclusiva opere che rechino danno alle parti comuni dell'edificio.
La giurisprudenza ha già affrontato l'ipotesi della localizzazione di infrastrutture per impianti a radiofrequenza su parti di proprietà esclusiva del condominio, pervenendo a conclusioni differenti.
Così si segnala una prima pronuncia con cui il Tribunale di Piacenza ha ritenuto che la realizzazione di un ripetitore per telefonia cellulare su un lastrico solare di proprietà esclusiva (mediante semplice ancoraggio ai muri esterni dell'edificio condominiale) non costituisca violazione dell'art. 1122 c.c. poiché non esisterebbe riscontro scientifico circa la pericolosità dell'impianto e in quanto la concessionaria del servizio sarebbe comunque tenuta a presentare all'autorità comunale un progetto sull'incidenza che l'impianto stesso ha sulla statica dell'edificio (338).
In senso contrario la Pretura di Bologna, con puntuale motivazione, ha accolto in via cautelare la domanda di alcuni condomini diretta ad ottenere la sospensione (ai sensi dell'art. 1171 c.c.) dei lavori di installazione di una SRB iniziati, senza l'autorizzazione del condominio (il quale in precedenza aveva anzi rifiutato la proposta di installazione del medesimo impianto su una parte comune), su porzione di lastrico solare di proprietà esclusiva di altro condomino (339).
A tale conclusione il giudice bolognese è pervenuto ritenendo sussistente il fumus boni juris della denuncia di nuova opera in relazione alla violazione dell'art. 1122 c.c. considerato, da un lato, il deprezzamento del valore di mercato dell'edificio condominiale con destinazione residenziale (sia nel suo complesso sia con riguardo alle singole unità abitative) conseguente all'attuale notoria situazione di incertezza scientifica circa gli effetti a lungo termine sulla salute delle onde elettromagnetiche irradiate da tali impianti, e, dall'altro, l'invasività e il non organico inserimento dell'opera nel contesto architettonico dell'edificio condominiale e con riguardo all'ambiente circostante (340).
La pronuncia da ultimo menzionata pare inserirsi nel solco della migliore giurisprudenza che da tempo ha avuto occasione di chiarire che il "danno" rilevante ai sensi dell'art. 1122 c.c. non è limitato soltanto al pregiudizio materiale alle parti comuni dell'edificio (inteso come modificazione della conformazione esterna o della struttura intrinseca delle medesime), ma è esteso anche al danno conseguente ad ogni opera che elimini o riduca apprezzabilmente le utilità ritraibili dalla cosa comune, anche se di ordine estetico o edonistico, qualora incida sul valore economico della cosa stessa (341), ed anche al mero pericolo di danno purché attuale e non meramente ipotetico connesso al funzionamento della nuova opera (342).
5. Cenni conclusivi: le carenze della disciplina condominiale, i regolamenti comunali e il "decreto Gasparri".
La disciplina codicistica del condominio e della comunione sin qui brevemente esaminata lascia taluni vuoti di tutela in relazione alla localizzazione di antenne per SRB.
Si consideri, ad esempio, che poiché l'art. 1122 c.c. interdice l'esecuzione di nuove opere su porzioni di proprietà esclusiva in "danno alle parti comuni", rimane il problema, dapprima solo enunciato, della realizzazione di infrastrutture per telecomunicazioni che rechino pregiudizio alle unità immobiliari di proprietà dei singoli condomini. Fattispecie quest'ultima per nulla marginale ove si consideri che le preoccupazioni per le immissioni elettromagnetiche riguardano innanzitutto i luoghi in cui si svolge in prevalenza la vita delle persone, ossia all'interno degli appartamenti.
In questo caso possono però trovare applicazione le norme sui rapporti di vicinato in quanto compatibili e, in particolare, la regola generale dell'art. 844 c.c. (343) che, com'è noto, vieta le immissioni che superino il limite della "normale tollerabilità" valutabile dal giudice di merito (con apprezzamento insindacabile dalla Corte di Cassazione) in relazione al caso concreto e indipendentemente dai limiti di esposizione stabiliti dalla speciale normativa anti inquinamento (344). D'altra parte, da tempo la giurisprudenza ha avuto occasione di includere nel novero delle "immissioni" di cui all'art. 844 c.c. anche le radiazioni nocive, le correnti elettriche e le onde elettromagnetiche (345).
Ma soprattutto viene qui in considerazione il bene salute di categorie diverse dai condomini giacché le summenzionate norme dettate dal codice civile sul condominio riguardano soltanto i rapporti tra proprietari, quando invece le onde elettromagnetiche irradiate dalle SRB installate in parti comuni o individuali dell'edificio condominiale investono evidentemente anche gli inquilini degli appartamenti e i conduttori delle unità adibite ad uffici o negozi (346).
Ora anche in questo caso risulterà applicabile l'art. 844 c.c. giacché contro la violazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità si può reagire sia con i mezzi della tutela petitoria sia con quelli della tutela possessoria e, pertanto, la legittimazione attiva all'esperimento dell'azione inibitoria ex art. 844 c.c. spetta anche ai titolari di diritti personali di godimento (347), ivi compresi quindi i conduttori degli appartamenti o negozi del condominio investiti dalle immissioni (elettromagnetiche) intollerabili.
Peraltro il conduttore dell'unità condominiale può agire in nome proprio contro l'autore delle immissioni (elettromagnetiche) illecite anche con la tutela personale garantita dall'art. 1585, comma 2, c.c. in relazione alle cosiddette "molestie di fatto" che diminuiscono l'uso o il godimento del bene locato.
Si segnala inoltre che, in relazione ai temi sin qui affrontati, taluni Comuni hanno tentato di intervenire in sede di regolamenti locali sull'inquinamento elettromagnetico (ora espressamente previsti dall'art. 8, comma 6, della legge 36/2001).
Così il Comune di Roma aveva approvato un regolamento secondo il quale, al fine del rilascio della concessione edilizia per l'installazione di SRB su parti comuni ovvero su aree adibite a servizi di uso comune (come terrazze, stenditoi o lavatoi) di edifici condominiali, doveva essere preventivamente acquisito "il parere obbligatorio e vincolante dei condomini mediante voto unanime dell'assemblea"; mentre il "parere degli inquilini residenti", previamente informati, era richiesto nel caso di realizzazione di impianti di trasmissione su volumi ed aree di uso comune in immobili di proprietà di enti pubblici o privati (348).
Ora, al di là di una formulazione non proprio felice e dell'ormai intervenuto annullamento giurisdizionale (349), non par dubbio che tale atto regolamentare costituisca un originale contributo (magari in vista di future elaborazioni amministrative o normative) inteso a valorizzare la posizione dei condomini dissenzienti e della stessa categoria degli inquilini in relazione alla particolare materia della localizzazione di impianti a radio frequenza (350).
Si evidenzia, infine, che il tema dei presupposti civilistici per la legittima installazione di SRB su immobili condominiali, ma più in generale della necessità dello stesso consenso del proprietario delle aree interessate all'ubicazione delle antenne, sembrerebbe perdere ogni rilevanza a seguito dell'avvenuta approvazione del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198 (il cosiddetto "decreto Gasparri" dal nome del Ministro delle telecomunicazioni) che, con l'obiettivo di liberalizzare ed accelerare la realizzazione delle infrastrutture per telecomunicazione, ivi comprese le stazioni radio base per reti di telecomunicazioni mobili GSM e UMTS, ha tra l'altro previsto che l'approvazione dei progetti per l'installazione di detti impianti costituisca dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori (art. 5, comma 6), consentendo dunque l'avvio delle procedure espropriative dei siti interessati.
In proposito vi sono tuttavia da formulare almeno un paio di considerazioni.
Innanzitutto v'è da precisare che l'automatico avvio della procedura espropriativa delle aree di proprietà privata per la localizzazione delle antenne non consegue all'ordinario procedimento autorizzatorio degli impianti (mediante autorizzazione espressa o denuncia di inizio attività, a seconda che la potenza degli impianti sia superiore o meno ai 20 Watt), ma fa seguito soltanto all'approvazione - a maggioranza dei presenti - del progetto da parte della conferenza di servizi (cui prendono parte i rappresentanti delle amministrazioni locali interessate e dei soggetti preposti ai controlli) che viene convocata solo in presenza di un motivato dissenso da parte di una delle amministrazioni interessate (351).
Ma c'è un'obiezione più radicale che in questa sede ci si limita soltanto ad enunciare: al di là dei non indifferenti profili di illegittimità costituzionale sollevati con ricorso alla Consulta da diverse Regioni italiane, v'è un rilevante dubbio di effettiva attuale operatività del decreto Gasparri.
Invero, poiché la disciplina contenuta nel decreto legislativo 198/2002 non abroga la normativa ordinaria (legislativa statale e regionale, ma neppure regolamentare) in materia di inquinamento elettromagnetico (352) - né potrebbe farlo poiché non è tale il contenuto della delega recata dalla legge n. 443/2001 -, essa si affianca a quest'ultima come disciplina derogatoria speciale applicabile esclusivamente alle infrastrutture di telecomunicazione dichiarate "strategiche" ai sensi dell'art. 1, comma 1, della legge 443/2001, e come tali indicate nell'apposito programma predisposto annualmente (353): questo, e solo questo, è infatti il campo di applicazione della normativa in esame delimitato dall'art. 1, comma 1, del medesimo decreto.
Ciò premesso, si rileva che la delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica con cui si è operata questa prima individuazione delle infrastrutture considerate "strategiche e di preminente interesse nazionale" (note come "grandi opere") (354) ai sensi della legge 443/2001 reca effettivamente un Allegato 5 dedicato al "piano degli interventi nel comparto delle telecomunicazioni" con l'indicazione anche delle "Reti per terminali UMTS e completamento GSM/GPRS", il quale tuttavia contiene i soli piani di investimento previsti dai vari operatori privati del settore, rinviando espressamente ad una "successiva delibera", sino ad oggi non ancora intervenuta, l'individuazione delle opere strategiche (come puntualizza la nota 1 in calce all'allegato).
Appare dunque evidente che, sino a quando tale ultima delibera CIPE - cui è stata rimessa la necessaria individuazione delle infrastrutture per telefonia cellulare ritenute "strategiche" - non sarà approvata, non potrà trovare applicazione la normativa speciale del decreto 198/2002 (355).
  (320) La sentenza è stata pubblicata anche in www.giust.it con commento di Mazzola.
  (321) Trib. Verona, ordinanza 4 dicembre 2000, n. 1224, in www.tuttoambiente.it.; e in Arch. locazioni, 2001, p. 255.
  (322) Cfr. inter alia, Cass. civ., 11 gennaio 1997, n. 240, in Arch. locazioni, 1997, p. 433.
  (323) Così Trib. Monza, Sez. II civ., 1 marzo 1999, n. 688, inedita, che è pervenuta a dette conclusioni atteso "l'indubbio carattere innovativo di tale opera sulla parte comune".
  (324) Con la precisazione che, come ha chiarito Branca (Commento all'art. 1120 c.c., in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro terzo Della proprietà - Art. 1100-1172, Bologna, 1962, pp. 342 s.) "la delibera è legittima quando risulti genericamente che mira a portare miglioramenti ancorché non sicuri: basta che siano possibili: pretendere la certezza o soltanto la probabilità di riuscita sarebbe praticamente anteporre l'arbitrio (l'antico indiscriminato jus prohibendi dei romani) del singolo, che non è proprietario, alla volontà del proprietario delle cose comuni. Analoga è la ragione per la quale il miglioramento è inteso nel senso più lato e, vorrei dire, più vago comprendendo e abbracciando anche quel che è mera comodità o innovazione voluttuaria (art. 1121 1° comma)".
  (325) Così Cianci, Inquinamento elettromagnetico ed installazione di impianti nel condominio, in www.dirittoegiustizia.it.
  (326) Cass. civ., 23 ottobre 1993, n. 10513, in Arch. locazioni, 1994, p. 325; Id. 8 giugno 1995, n. 6496, in Arch. locazioni, 1995, p. 810.
  (327) Cass. civ. 28 novembre 1987, n. 8861, in Giur. it., 1988, I, p. 2010; Id., n. 11121/1999, in Arch. locazioni, 2000, p. 433, con nota di DE TILLA.
  (328) Cass. civ., 28 giugno 1975, n. 2552, la cui massima è riportata sui principali codici civili annotati.
  (329) Cass. civ., 10 maggio 1967, n. 954, in Riv. giur. edilizia, 1967, I, p. 867; Id., 21 ottobre 1998, n. 10445, in Riv. giur. edilizia, 1999, I, p. 249; Id. 11 febbraio 1998, 1389, Giust. civ. Mass., 1998, p. 301.
  (330) Così Branca, op. cit., p. 345.
  (331) Cfr. Cianci, ult. loc. cit.
  (332) Branca, op. cit., p. 344.
  (333) Cfr. Cass. civ., 9 luglio 1975, n. 2696, la cui massima è riportata sui principali codici civili annotati.
  (334) Branca, ult. loc. cit.
  (335) Cass. civ., 9 luglio 1975, n. 2696, cit.
  (336) Cass. civ., 4 luglio 1981, n. 4364, in Giust. civ. Mass., 1981, fasc. 7; Id., 7 novembre 1978, n. 5086, riportata sui principali codici civili annotati.
  (337) Trib. Monza, Sez. II civ., 1 marzo 1999, n. 688, cit.
  (338) Trib. Piacenza, 13 febbraio 1998, in Arch. locazioni, 1998, p. 420.
  (339) Pret. Bologna, ordinanza 12 aprile 1999, in Foro it., 1999, I, 3414.
  (340) Il Pretore aveva invece ritenuto che nel caso all'esame non fosse provato un pregiudizio alla stabilità e alla sicurezza dell'edificio e che non che fossero opponibili alla resistente le limitazioni (al normale contenuto dei diritti dei condomini sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva) previste dal regolamento condominiale predisposto dall'originario unico proprietario in quanto il regolamento stesso non era stato trascritto nei registri immobiliari né era stato richiamato nell'atto d'acquisto della medesima resistente.
  (341) Cass. civ., 27 aprile 1989, n. 1947, in Foro. it., Rep. 1989, voce Comunione e condominio, n. 59, relativo ad un'opera realizzata da un condomino sulla sua proprietà esclusiva che escludeva o limitava una veduta panoramica di particolare pregio dalla terrazza comune.
  (342) Cass. civ., 25 gennaio 1995, n. 870, in Giust. civ., 1995, I, p. 2143.
  (343) Cass. civ., Sez. II, 15 marzo 1993, n. 3090, in Arch. locazioni, 1993, p. 495.
  (344) Sulla disciplina delle immissioni cfr. Francario et alii, Codice civile e ambiente, in Codice dell'ambiente, a cura di Nespor e De Cesaris, Milano, 1999, spec. pp. 279 ss.; da ultimo, Maccarone, Le immissioni. Tutela reale e tutela della persona. Danno esistenziale, Milano, 2002; con specifico riferimento all'applicabilità dell'art. 844 c.c. alle immissioni elettromagnetiche vedi Mazzola-Taioli, Inquinamento elettromagnetico, Milano, 2002, spec. pp. 3-29.
  (345) Cass. civ., 6 marzo 1979, n. 1404, in Giust. civ. Mass., 1979.
  (346) Sottolinea sotto questo profilo l'inadeguatezza della disciplina dettata dalle norme sul condominio anche Cianci, ult. loc. cit.
  (347) Cass. civ., Sez. II, 21 febbraio 1994, n. 1653, in Giust. civ. Mass., 1994, p. 187; Cass. civ., 11 novembre 1992, n. 12133, in Foro it., 1994, I, 205 con nota di Lener che ha tuttavia escluso tale legittimazione ove la cessazione delle immissioni comporti la modificazione sostanziale dell'immobile da cui le stesse provengono.
  (348) Si tratta del regolamento approvato dal Consiglio comunale di Roma con delibera dell'11 dicembre 2000, n. 211, consultabile in www.comune.roma.it.
  (349) Il regolamento è stato infatti annullato dal T.A.R. Lazio, Sez. II, 25 agosto 2001, n. 7024, in Foro amm., 2001, p. 2517.
  (350) Per una puntuale analisi del regolamento comunale romano si veda Cianci, ult. loc. cit.
  (351) Peraltro non è agevole comprendere quale sia la ratio di tale differente disciplina delle conseguenze del provvedimento autorizzatorio.
  (352) L'unica disposizione abrogata dal decreto è quella dell'art. 2-bis della legge 1 luglio 1997, n. 189 sulla valutazione di impatto ambientale degli impianti per telefonia mobile.
  (353) In tal senso pressoché testualmente il parere 17 luglio 2002 approvato dalla Commissione VIII della Camera dei deputati sullo schema di decreto legislativo.
  (354) Si tratta della delibera CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121.
  (355) In termini analoghi cfr. il parere dell'Unione Province Italiane espresso nell'ambito della Conferenza unificata del 20 gennaio 2002; nonché la circolare dell'Assessorato agricoltura, ambiente e sviluppo sostenibile della Regione Emilia Romagna del 30 ottobre 2002 inviata ai Sindaci, Presidenti di Provincia e all'ARPA.

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